Con il termine di Crossover Works intendiamo proporre i lavori di Giorgio Palù ad oggi realizzati, o anche solamente proposti e in attesa di realizzazione, che sono caratterizzati da una forte componente environmentale e installativa e da un uso composito delle nuove tecnologie, della musica, del video e della luce. Opere che attraversano i linguaggi visuali e che si connotano per una forte sperimentazione anche tecnologica.

La tensione germinativa dell’opera di Palù ha infatti determinato installazioni di ampio respiro e site-specific, a partire da Frattura (Ricomposizione) ideata e realizzata per gli spazi della Ex Chiesa di San Carlo nel 2019: “una sorprendente installazione multimediale, sonora e luminosa, dominata dalla grande scultura posta in prossimità dell’altare. Immagine del sacro nel terzo Millennio, contingente eppure eterna, per un percorso che in dodici minuti, nei quali noi stessi siamo parte dello spazio, coinvolti ben più di semplici visitatori, Giorgio Palù mette in scena la sua idea di ricomposizione – il termine teatrale non è usato a caso – dove il senso senza tempo della divinità, la nostra divinità, quella del Figlio, si scontra con le drammatiche storture della società contemporanea”, ha scritto Luca Beatrice.

Un’installazione che, nelle intenzioni dell’artista, “va interpretata come una performance sulla forza della luce, luce come vero, come metafora della vita nell’eterna lotta del bene contro il male (ombra/buio). Ma anche e soprattutto come la voglia di guardarsi dentro, un viaggio introspettivo forte ma inteso ed evocativo…un’esperienza da vivere in solitario, in silenzio e concentrazione, lasciandosi trascinare per 12 minuti dalla luce e da una musica forte e struggente in un percorso introspettivo quasi mistico”, ha approfondito l’artista stesso.

In questa sezione, si inserisce anche l’installazione realizzata nel dicembre 2020, dal titolo Albero del Cambiamento, un’opera multimediale pienamente sostenuta da Accenture e installata temporaneamente a Milano all’interno della manifestazione Natale degli Alberi 2020. Posto sull’asse dell’Arco di Porta Garibaldi, l’Albero del Cambiamento rafforza la visione prospettica di Corso Garibaldi e Corso Como, immergendosi nella frenesia di due arterie attivissime della città di Milano e facendosi testimone e narratore visivo della loro storia: in questo caleidoscopio di immagini scoviamo luoghi, opere, angoli della città che si attivano e acquietano temporalmente. In alcuni momenti, l’Albero pare infatti in uno stato di latenza, in altri diventa un laboratorio visivo mutevole e incandescente. Una ieratica presenza, visibile e invisibile: dapprima riconoscibile solo per il suo contorno profilato nell’acciaio, in una sottile ed esatta linea che lo staglia davanti ai nostri occhi, è un frame osmotico sul quale le persone si possono riflettere e al contempo vedere attraverso: in questa veste, sulla sua superficie scorrono parole e si diffonde un respiro: l’Albero “riposa” e raccoglie l’energia che lo circonda. Poi, esplode in un caleidoscopio di immagini e visioni: grazie ad una sofisticata composizione di video e tecnologie, luci e sensori, l’Albero del Cambiamento, diventa uno schermo mutevole e incandescente di icone, un’opera in costante mutamento che ci interroga, anche e soprattutto oggi, sull’eterna domanda dell’arte: possiamo trasfigurare, con le nostre mani e le nostre tecnologie, la natura? Una domanda cui pare rispondere una delle due frasi che l’Albero stesso contiene e fa rilucere: omnis ars naturae imitatio est. Una frase di Seneca molto cara all’artista che più volte ha utilizzato in progetti di opere e allestimenti; mentre il basamento dell’Albero, formato da un’onda di resina rossa retroilluminata sulla quale poggiano 200 elementi scultorei dorati ricavati dagli scarti dell’acciaio tagliato a laser e utilizzato per dare forma all’Albero stesso, hanno dato poi luce alle successiva GEA, opere realizzate nel corso del 2020-2021 quali limited editions per Accenture. E in un certo senso, le placche dorate galleggianti sul fondale rossastro rievocano le Floating Islands, in una continua contaminazione tra i cicli dei lavori dell’artista.